I 47 anni di Roberto Baggio
È uno di quelli che hanno regalato emozioni. Non sono molti, se ci pensate. In ogni sport, il confine tra campione e genio non è poi così sottile… Sono pochi quelli che dal nulla hanno saputo creare la scintilla e Roby Baggio c’è. Oggi compie 47 anni e il suo restare lontano dai riflettori alla fine della carriera agonistica non ha intaccato per nulla l’aura di talento che ha emanato sul campo.
Schivo, quasi timido, l’uomo di Caldogno ha incantato e diviso, ha sofferto ed è rinato, ha fatto ridere di gioia e piangere per la disperazione. Il tutto con una preghiera: non ricordatelo solo per quel rigore nella finale dei Mondiali 1994 col Brasile. Palla altissima e Nazione a capo chino, come lui… Ha fatto tanto, molto altro per rimanere nei libri, nella leggenda.
La sua è una storia particolare, “molto” privata. Sposa giovanissimo Andreina, va verso il buddhismo, deve per forza di cosa “diventare” un personaggio pubblico ma lo fa con estremo pudore in tutte le apparizioni pubbliche, anche se compare in video, fumetti, viene citato, gli dedicano canzoni, va a parlare con premi Nobel ed è adorato dai capi di stato. “Ma questo è matto?” …Ve lo ricordate, no? Quando uscì così dal campo contro la Norvegia dopo l’espulsione di Pagliuca… Sacchi lo sacrificò nel nome dell’“equilibrio” di una squadra che doveva restare in dieci…
Inizia nella squadra della città, ma a 15 anni è già al Lanerossi Vicenza in C1. Con la primavera segna un gol a partita, è un predestinato e si vede abbastanza bene. Naturale che gli interessi nei suoi confronti salgano, ovvio che la salivazione dei direttori sportivi di mezza Italia si azzeri quando guardano le sue partite.
12 gol in 29 partite nel 1984-1985, il Vicenza è promosso in B e la Fiorentina, che lo stava acquistando, decide di fregarsene dell’infortunio al ginocchio (tra l’altro occorso in una gara contro il Rimini). Torna nel febbraio successivo dopo essersi avvicinato al buddhismo ma in serie A fa il suo esordio nel settembre seguente, in un Fiorentina-Sampdoria. Esattamente sette giorni dopo altro stop per il menisco. Il ragazzo è sempre stato di cristallo, purtroppo… A fine stagione rientra in campo e il 10 maggio 1987 segna la sua prima rete in A contro il Napoli.
Poi finalmente gioca. Gioca tanto e gioca bene, la Viola non è da scudetto ma diverte e la coppia con Borgonovo regala spettacolo. Arriva in finale di coppa Uefa, perdendo contro la Juve. Era il maggio del 1990 e proprio in quei giorni fu acquistato per 25 miliardi, cifra enorme per l’epoca, dalla società bianconera. La città si scatena, non tollera lo sgarro, per di più contro gli odiati rivali. Baggio è in difficoltà, getta via la sciarpa della Juve in conferenza stampa ma non può nulla contro il trasferimento. Vera sommossa popolare, quella per Guarin in confronto è acqua fresca…
Due gol ai Mondiali del ’90 in cui diventa pian piano protagonista e poi l’avventura a Torino. In tutto con la Juve 115 gol in 200 presenze. Nel ’93, anno della conquista della Uefa, vince anche Pallone d’Oro e Fifa World Player, tanto per gradire. Intanto gli episodi sono mille, anche perché il campione è vivisezionato a ogni allenamento e ogni partita. Naturale che si parli del rifiuto di calciare il rigore alla Fiorentina il 7 aprile 1991, oppure dei tantissimi infortuni che ne hanno costellato la carriera anche sotto la Mole. Nella testa di tutti resteranno quei Mondiali americani, quella Coppa sfuggita via come la piuma di Forrest Gump. I diverbi con Sacchi, ma soprattutto quel gol quasi a tempo scaduto contro la Nigeria che tiene in vita gli Azzurri. Il rigore nei supplementari che li fa avanzare ai quarti… La reta a Zubizarreta che significa Spagna “matata” e Italia in semifinale… La doppietta contro la Bulgaria di Hristo Stoichkov che vale la finale… Poi, è vero, c’è quel rigore tirato alto che rimarrà nella memoria. Ma sarebbe bene che tutti si ricordassero perché l’Italia è arrivata all’ultimo atto col Brasile. Chi l’ha trascinata sin lì.
Nel 1995 è ceduto al Milan, un po’ per i contrattempi fisici, un po’ perché stava nascendo Del Piero. Lascia da Campione d’Italia e rivince lo scudetto l’anno dopo coi rossoneri. Non male per uno che di certo non è mai stato considerato un “vincente”. Bene il primo anno, poi tra Tabarez, Sacchi e compagnia non riesce a crearsi un posto degno di lui. 12 reti in 51 partite, nel 1997 passa al Bologna.
Strano, si dirà, per uno dei più forti calciatori italiani di tutti i tempi. La scelta però sotto un certo punto di vista è azzeccatissima, perché in Emilia il Divin Codino segna 22 gol in 30 partita e viene convocato da Cesare Maldini per i Mondiali del ’98. Gioca bene, è uno dei migliori, segna pure il primo rigore contro la Francia ai quarti ma gli errori di Albertini e Di Biagio (la traversa trema ancora) soffocano le speranze di un’intera nazione.
Via da Bologna, gioca due anni all’Inter (nel secondo c’è Lippi e i due non è che si trovassero d’accordo come due novelli sposi…) e poi va a Brescia. C’è Mazzone, c’è anche Pirlo e addirittura Pep Guardiola… Di sicuro ci si diverte… Altri infortuni in quegli anni, ma la carriera è quasi andata e lui rimane amatissimo da tutti, naturalmente. In totale 221 gol nel campionato italiano. L’ultima partita a San Siro il 16 maggio 2004. Esce a 5 minuti dalla fine. Standing ovation…
“Ah, da quando Baggio non gioca più…”
Cesare Cremonini – Marmellata 25