La discriminazione razziale non passa: il 19 marzo 1991 la Nfl toglie il Super Bowl alla città di Phoenix
Per il 19 marzo vorrei ricordare una data simbolo del recente passato sportivo americano. Una data non comune, un giorno particolarmente significativo negli equilibri del Paese e nella considerazione di alcuni suoi aspetti fondamentali, di particolari meccanismi. Il 19 marzo del 1991 la Nfl, National Football League (la lega del football americano), attraverso i proprietari delle squadre ha letteralmente espropriato la città di Phoenix della possibilità di organizzare il Superbowl già assegnato per il 1993. Si sarebbe giocato a Tempe, nelle vicinanze di Phoenix, ma l’evento fu impacchettato e spedito a Pasadena, in California (Dallas-Buffalo 52-17, nell’intervallo show di Michael Jackson…).
Perché accadde questo? Semplicemente perché lo stato dell’Arizona si rifiutava di riconoscere il Martin Luther King Day, festività nazionale naturalmente molto sentita a livello di diritti civili e di lotta alla discriminazione razziale. Lo sport dà un segnale, utilizza le sue armi migliori, toglie l’organizzazione del suo più grande evento sportivo perché qualcosa, a livello di società civile, evidentemente non funziona. La Nfl si muove e fa sentire la sua voce. “Voi non riconoscete il Martin Luther King Day? E io vi tolgo il più grande evento che possiate immaginare”. Facile, immediato.
E potrebbe anche non essere stata l’ultima volta che in Arizona accade questo. L’ultimo caso è recentissimo, col Super Bowl del 2015, attualmente assegnato a Glendale (sede di gioco dell’Università di Phoenix), che potrebbe nuovamente essere spostato. Il motivo? Ancora una particolare legge dello stato, tendente in questo caso all’omofobico. Lo sport è attento.