John Stockton: 52 anni, 0 anelli e 15.806 assist
Se date un’occhiata alla classifica degli assist di questa stagione, anno di grazia 2013-2014, noterete quanto segue: Chris Paul primo con 10.9 (e fin qui ci siamo), poi Ty Lawson con 8.9, John Wall con 8.8, Ricky Rubio e Steohen Curry a 8.5. Lui no, lui viaggiava ad altre altezze. John Stockton ha chiuso la carriera Nba con 10.5 assist, ma di media in 18 stagioni. Con un high stagionale (1989-1990) di 14.5. Eppure lui, il protagonista del nostro compleanno di oggi (auguri, ne fa 52), non aveva l’altezza di Magic, non aveva il fisico e i garretti di alcuni saltatori di oggi come Westbrook. A dir la verità non aveva niente del giocatore di basket che potesse spaccare in due la Lega, che potesse marchiare a fuoco un’era… No, niente, apparentemente… Solo che in quel metro e 85 scarso alloggiava un cervello da premio Nobel e i gomiti (Charles Barkley dixit…) erano piuttosto appuntiti…
Niente titolo, questo lo sapete, ma una serie di stagioni di livello impressionante assieme al Postino, Karl Malone. Lo Stockton-to-Malone non era un viaggio nell’ignoto come qualche pick & roll diretto dei ragazzi di oggi, ma una certezza assoluta. Incontrastabile per tempi di gioco e talento dei due protagonisti nel trovarsi sempre e comunque.
Stockton frequenta Gonzaga e nel draft del 1984, quello arcinoto per Bowie alla 2 e Jordan alla 3, scende alla DICIOTTO. Sì, avete capito bene, alla 18… Non sto neanche a raccontarvi quanti bidoni scelsero prima di lui ma, a parziale difesa di un sistema molto complicato e tuttora molto poco intelligibile, c’è da dire che lo Stockton in uscita da Gonzaga non prometteva con sicurezza di diventare una leggenda del gioco.
Va a Salt Lake City, agli Utah Jazz, dove rimane per 18 anni. In carriera ha servito 15.806 assist, record imbattibile. IMBATTIBILE. Molto più che i 100 punti in una partita di Wilt Chamberlain. Il secondo è Jason Kidd e ne ha 3.715 in meno, poi Mark Jackson (non stupitevi mai del reverendo, non fatelo neanche se quest’anno arriva in finale Nba…), Nash e Magic. Gli altri sono tutti sotto i 10mila…
E i recuperi? All-time leader anche lì con 3.265, con quasi 400 in più di Kidd e 751 in più di Jordan. Eppure il titolo non è arrivato, eppure la scienza applicata al gioco che ogni giorno aveva la bontà di esprimere non è stata sufficiente. In cattedra, prendendo in giro play molto più atletici di lui.
Niente titolo, ma unicamente perché è passato in mezzo all’era di MJ. Le cose iniziano a farsi interessanti per Stockton all’arrivo di Malone (1985) e a quello di Jerry Sloan in panchina (1988). Nel 1991-1992 arriva la prima Finale di Conference, ma a sbarrare la strada a quelli che suonano Jazz nella terra dei mormoni (Ooops… Ma non era meglio cambiare nome dopo il trasferimento da New Orleans???) ci pensa la super Portland di Clyde “The Glide” Drexler. Nel 1993-1994 e nel 1994-1995, in assenza Jordan, a fermare Utah ci pensa sempre Houston, che poi vincerà i due titoli: il primo anno lo scontro è in Finale di Conference, il secondo al primo turno. Sempre in alto, sempre soffrendo, sempre, anno dopo anno, cementando nell’opinione pubblica l’idea che questi qua, davvero, un titolo lo meriterebbero. Nel 1995-1996 vanno fuori in Finale a ovest dalla Seattle di Payton e Kemp in sette partite, poi finalmente la Finale Nba.
Per due anni di fila i Jazz sfiorano il titolo, ma dall’altra parte c’è sempre Chicago. C’è sempre Michael Jordan. Contro Dio puoi far poco, altrimenti passi da eretico. Finisce sempre 4-2 per quelli dell’Illinois e la seconda finale sarà ricordata per quella rubata di Jordan a Malone spalle a canestro e successivo ciuff in faccia a Russell dall’altra parte. Sorpasso e titolo. Crudele ma vero, il ricordo va a chi vince…
Cosa fa oggi Stockton? Si lucida la medaglia d’oro versione Dream Team (lui c’era, giustamente) e non vuole la ribalta. Quella se l’è meritata con 18 anni super…